Stefano Salis presenta l’ultimo libro dello scrittore sardo Sergio Atzeni, scomparso nel 1995, in occasione della sua ristampa
Le storie vivono in eterno. Lo aveva già detto Italo Calvino nel suo saggio più famoso, “Perché leggere i classici”, sottolineando grosso modo come la cultura riesca ad alimentare sé stessa, ampliando e riscrivendosi – pagina dopo pagina – attraverso gli stessi libri che ne sono fondamento. Con un articolo pubblicato sulla rivista culturale Doppiozero, Stefano Salis (re)introduce ai lettori il romanzo storico “Passavamo sulla terra leggeri“, classico della letteratura sarda ed ultima opera dello scrittore Sergio Atzeni, pubblicato postumo dopo la sua tragica scomparsa avvenuta nel 1995. Il libro, ristampato recentemente presso la casa editrice Sellerio, dipinge la storia della Sardegna attraverso il racconto orale dei “Custodi del Tempo”, dall’arrivo di alcuni fuggitivi sull’isola fino alla sconfitta nella battaglia di Sanluri. Per il suo forte peso culturale e per aver saputo anticipare importanti tematiche identitarie, l’opera di Atzeni risulta una risorsa fondamentale e preziosa per esplorare questioni poco note e di scarsa sensibilità per altri autori italiani, ma presenti già invece a livello internazionale. La prefazione a questa nuova edizione, inoltre, è stata curata dallo scrittore sardo Marcello Fois, uno dei giudici del Premio Costa Smeralda.
Mantenere viva la memoria
Come muore la letteratura? In linea di principio, quando si smette di leggerla. Purtroppo, capita molto spesso che gli scrittori vengano dimenticati e rimangano relegati in quel limbo deprimente che è il fuori catalogo, anche se premiati da prestigiosi riconoscimenti letterari. In questo senso, le ristampe dei libri giocano un ruolo vitale nel mantenere viva la memoria e l’importanza di un’opera nella società contemporanea, soprattutto per quei volumi che si sono distinti, per stile e tematiche, nel panorama culturale italiano, un onore (e onere) che l’opera di Atzeni riveste a tutti gli effetti. La nuova pubblicazione del libro dello scrittore sardo risulta quindi – non a torto – un atto culturale coraggioso e doveroso, in quanto l’autore rientra di diritto nel canone fondativo di tutta una regione, la Sardegna, diventando anch’esso – grazie ai suoi scritti – un “custode del tempo” e cantore delle tradizioni e della storia di tutto un popolo.
Francesco di Nuzzo