La giudice del Premio Costa Smeralda ha parlato sulle pagine di Vanity Fair del concetto di bellezza e della sua evoluzione
La bellezza è nello sguardo di chi osserva, che sia rivolto verso gli spettacolari scenari offerti dalla natura o all’ultimo modello di auto sportiva in commercio. Ma cosa conferisce significato ai nostri gusti estetici? O, in altre parole, qual è il criterio che definisce ciò che possiamo definire il “bello”? A spiegarlo è Chiara Valerio, scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda, che con un intervento pubblicato sul numero celebrativo per i vent’anni di Vanity Fair ha parlato del concetto di bellezza e della sua evoluzione nel tempo.
Nell’articolo – disponibile anche sul sito del periodico – l’autrice sottolinea come spesso la percezione del bello sia influenzata dalle preferenze personali e dalle tendenze del momento, diventando quindi un riflesso della società e delle sue caratteristiche. Tuttavia, Valerio mette in evidenza l’idea che esista una forma di bellezza istintiva e universalmente riconosciuta, come nel caso dell’arte antica. L’autrice afferma così che la bellezza non è qualcosa di statico, bensì un concetto in evoluzione che si sviluppa nel corso del tempo.
Questo processo è alimentato durante i diversi periodi storici, ognuno dei quali contribuisce a definire un nuovo aspetto del bello influenzato dalle norme e dai valori della società di quel periodo. Alcune di queste qualità, però, sono così iconiche da conservare la loro rilevanza e apprezzamento anche nel tempo presente, acquistando una significativa caratteristica di atemporalità, la stessa che possiamo avvertire nelle opere d’arte ospitate nei musei, così come nei dipinti rinascimentali o nelle sculture dell’Antica Grecia, fino alle pitture rupestri degli uomini primitivi.
La bellezza, quindi, è mutevole e si sviluppa su più dimensioni sociali, ovvero nel suo totale – quel bello universale che ci attrae in maniera subconscia e atavica – e nel presente, che riflette invece il mondo e il tempo in cui la società sta vivendo, con i suoi criteri e – purtroppo – le sue stigmatizzazioni. Per ogni strato che si aggiunge, un’altra domanda potrebbe sorgere spontanea: chissà cosa ci piacerà domani. Ma, per ora, possiamo viverne solo il presente. Dopotutto, anche Venere era strabica.
Francesco di Nuzzo