Chiara Valerio affronta il tema della tecnologia dal punto di vista della memoria e della perdita dell’identità
È difficile negarlo: la tecnologia è sempre più integrata nelle società contemporanea, così tanto che non è inusuale sentirsi persi se non si ha il nostro “fedele” smartphone a portata di mano. E se da un lato questa simbiosi tecnologica ha portato notevoli miglioramenti nelle nostre vite, dall’altro ha portato anche a cambiamenti di carattere sociale che rischiano di cambiare il modo in cui viviamo e percepiamo la realtà intorno a noi.
Con un intervento pubblicato sul quotidiano La Stampa per la rubrica Specchio, Chiara Valerio torna sul tema della tecnologia affrontata dal punto di vista della perdita dell’identità, esplorando la connessione sempre più forte tra memoria digitale e dipendenza dai dispositivi e social media. Sullo stesso tema “La tecnologia è religione”, l’ultimo libro della scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda, è uscito il 14 marzo per la casa editrice Einaudi.
Un nuovo tipo di realtà
In generale, l’impiego di dispositivi elettronici non è sbagliato di per sé. Il loro effetto sulla società dipende dall’uso che ne viene fatto e dall’atteggiamento delle persone nei loro confronti, in particolare nell’ambito dei social media. La brevità e la fugacità delle informazioni sui social media possono portare a una memoria collettiva più superficiale e meno profonda, in cui le informazioni sono facilmente dimenticabili e sostituibili. Inoltre, da un punto di vista scientifico, diversi studi hanno confermato come l’uso eccessivo dei social media possa influire negativamente sulla memoria a breve e a lungo termine. Più di tutti le generazioni più giovani affidano il proprio tempo e i propri ricordi a qualcosa che potrebbe finire prima di loro, e questo comporta una perdita di controllo sulla propria vita. “Disintossicarsi” dai social media potrebbe quindi essere un modo per riconquistare la propria memoria e la propria identità, ma potrebbe anche essere un gesto di accettazione della realtà attuale, come proposto nell’articolo da Chiara Valerio. Forse il prossimo passo sarà proprio delegare alla macchina non solo le funzioni di mente, ma anche quelle di corpo, proprio perché consideriamo le macchine come immortali, e sparire ed essere dimenticati è la nostra paura più grande.
Francesco di Nuzzo