Il docente è stato tra i protagonisti della scorsa edizione del Premio Costa Smeralda
I libri possono cambiare la nostra visione del mondo. Succede con i racconti di narrativa, in cui nel seguire le vicende dei nostri beniamini ci si accorge di quanto a volte le azioni dell’uomo possano avere delle conseguenze anche nefaste sull’ambiente. E poi ci sono saggi capaci di mostrare tutto questo con tanto di dettagli di assoluto interesse come Il giardino del Mediterraneo. Storie e paesaggi da Omero all’Antropocene di Giuseppe Barbera. Autore, docente di Colture Arboree dell’Università degli Studi di Palermo premiato l’anno scorso in occasione del Premio Costa Smeralda 2022. La ragione è chiara: Il Consorzio Costa Smeralda è diventato un modello capace di conservare la sua identità e allo stesso tempo di cambiare il suo modello secondo le leggi della sostenibilità e dell’innovazione. Temi cari all’accademico che ha visto in prima persona la trasformazione della sua terra negli ultimi decenni a opera dell’uomo, nell’era geologica che tutti ormai definiscono proprio con il termine Antropocene.

In un’intervista rilasciata su La svolta, Barbero racconta di come durante l’inverno viveva in città per poi spostarsi nella villa antica di famiglia nella Conca D’Oro. Un luogo paradisiaco circondato dalla natura e dai suoi frutti divenuti il simbolo della Sicilia come limoni e mandarini. Ora tutto questo non c’è più, dal momento che l’urbanizzazione ha mutato la composizione di buona parte delle aree del Paese. Non che il cambiamento sia un concetto sbagliato, ma come dimostra il caso di Porto Cervo e del Consorzio, le trasformazioni devono essere pensate senza creare fratture insanabili con l’ambiente. Il paesaggio va infatti visto non solo nelle sue sfumature naturali (roccia, mare, flora e fauna) ma come specchio dei nostri valori e delle sensazioni che si legano inevitabilmente nella società in cui viviamo. Per questo Il giardino del Mediterraneo va inteso non solo come un viaggio attraverso le spaccature che si sono via via creare nel rapporto, purtroppo, conflittuale tra uomo e natura, ma come guida per trovare le soluzioni più adatte per rimarginarle, preservando le sue peculiarità e allo stesso modificando la nostra percezione e il nostro punto di vista, non più antropocentrico ma partendo da uno sguardo capace di coinvolgere i tre elementi fondanti dell’essere umano: storia, natura e società. Solo così, usando l’espressione del sociologo Fabrizio Ferreri, il paesaggio può essere «identificato lo spazio della ricucitura e della riconciliazione».
Riccardo Lo Re