Herman Melville è nato duecento anni fa, esattamente il primo di agosto del 1819. E Moby Dick, la sua balena bianca, continua a essere fonte di ispirazione, tra inquietudine e sogno. Il capolavoro letterario dello scrittore di New York racconta la caccia al capodoglio Moby Dick che ossessiona il capitano Achab al comando della baleniera Pequod.
E dopo tutti questi anni, Moby Dick resta per molti il simbolo di un’illusione. Tutti credono di sapere cosa sia eppure nessuno lo sa. È una balena? Un capodoglio? Un mostro bianco? La furia vendicativa del capitano Achab sfocia in una caccia impossibile, dove il lettore, confuso, si smarrisce: qualcosa non torna. Qual è il reale obiettivo dell’impresa?
Cresciuto in una famiglia numerosa e dedita al commercio, trascorre una giovinezza agiata fino al 1830 quando cade in rovina. In seguito a questo avvenimento, lo scrittore abbandona gli studi e lavora insieme ai parenti e poi come insegnante. Tra i fondatori della letteratura americana, Melville, che fu costretto dalla povertà a imbarcarsi su mercantili e baleniere, in vita non raggiunse quel successo che meritava come scrittore. Gli scritti melvilliani non hanno trovano il favore del pubblico quando era vivo e Herman non ha potuto contare sui proventi della sua attività letteraria. Le sue opere solo state riscoperte a partire dagli anni Venti del secolo scorso, rendendo l’autore famoso e apprezzato. Quando morì nel 1891, in condizioni finanziarie piuttosto disastrose, il suo Moby Dick, dedicato a Nathaniel Hawthorne, pubblicato negli Stati Uniti nel 1851, tradotto e fatto conoscere in Italia da Cesare Pavese all’inizio degli anni Trenta, aveva venduto poco più di tremila copie ed era fuori stampa.
Oggi, che i tempi sono notevolmente cambiati ed è nettamente cresciuta la sensibilità nei confronti di balene, capodogli e cetacei in generale, una rilettura del romanzo fa riflettere sui temi ambientali e sulla contaminazione tra i linguaggi da oriente a occidente. Come scriveva Pavese nella introduzione al romanzo: “Moby Dick è l’allegoria della spasmodica ricerca, della sete di conoscenza e di vendetta, del rapporto tra bene e male, della ferocia e forza devastante della natura e dell’uomo”. Eppure ancora oggi Herman Melville è uno scrittore da tenere in considerazione se si vuole approfondire l’argomento della vita di mare e delle relazioni che si instaurano tra i componenti dell’equipaggio. Anche l’illustrazione dei grandi mammiferi marini presente nelle sue narrazioni è interessante, tanto che un cetaceo del Miocene porta il nome dello scrittore, Leviathan melvillei.
Oltre all’immaginaria balena Moby Dick, che ha ispirato film, brani musicali dal Banco del Mutuo Soccorso a Vinicio Capossela, opere artistiche e fumetti tra cui il Moby Duck della Disney, Melville – che ha esordito nel 1846 con Taipi, un lavoro in parte autobiografico – è autore di racconti, romanzi e raccolte di poesia, tra cui Bartley lo scrivano del 1853 e Billy Budd, pubblicato postumo nel 1924, che a sua volta ha ispirato film e canzoni. E per chi volesse approfondire la grandezza di Melville poeta il suo canto viene riproposto nella traduzione di uno dei nostri maggiori poeti, Roberto Mussapi, in Poesie di guerra e di mare, pubblicate negli Oscar Mondadori.