La scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda è intervenuta su un dibattito che ha coinvolto diverse esponenti del mondo politico e culturale
Il tema della maternità è stato (e lo è ancora) al centro di un lungo dibattito sui giornali nazionali. Su La Stampa hanno parlato varie esponenti della politica e della cultura che, da diversi punti di vista, hanno espresso la loro visione del mondo femminile ai giorni nostri. Ad aggiungere un altro tassello a questa discussione ci ha pensato la scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda che, in un lungo editoriale su La Stampa, non nasconde i passi avanti compiuti su questo argomento. È prima di tutto felice di poter palare di maternità che, fino a questo momento, «è stata campo esclusivo del maschile, per secoli e millenni: le donne figliavano, gli uomini parlavano, scrivevano, decidevano». Oggi non più, finalmente. Anche le donne possono parlarne dato che a loro è stata più volte negata quella parola. Ora si possono ascoltare le parole delle donne sulla maternità. «Voci diverse, diversi punti di vista, esperienze. Ho letto, qui su queste pagine, parole molto interessanti: autostima, prestigio, libertà, santità, relazione, reciprocità. Anche paura, fragilità, potere. E poteri. E tanto altro».
Elena Loewenthal cita per esempio la docente Adriana Cavarero ponendo l’accento sul fatto che «ogni essere umano è nato di donna». Non è solo un aspetto fisiologico o biologico, prosegue la scrittrice. La maternità come capacità di concepire, procreare e custodire la vita è il cuore di tutta la faccenda. Questo è il femminile». Per Loewenthal «la facoltà generativa è qualcosa che non dovrebbe essere mai esclusa dal discorso sulle donne e delle donne». Al contrario, deve stare al centro del dibattito in quanto parte dell’identità femminile. «Siamo mortali, certo. Ma prima ancora siamo natali. Veniamo al mondo attraversando un canale di parto, da dentro un utero. E tutto questo è cosa che riguarda noi donne come soggetti prima ancora che come oggetti». Il tema, continua la studiosa, negli ultimi tempi è stato lasciato da parte dai movimenti come il post femminismo o il transfemminismo. «Come se le nostre libertà (quelle conquistate e quelle su cui c’è ancora tantissimo lavoro da fare) ci imponessero una certa insofferenza verso la procreazione abbandonando certe battaglie per le donne. Per Loewenthal, invece, è fondamentale ricordarsi che «potere essere madri non è un di più o un di meno dell’essere donna: è ciò che tutto contiene, che ci definisce, che ha stabilito i confini della nostra storia e che dovrebbe aiutarci a costruire le nostre future libertà e responsabilità. Tutte, nessuna esclusa».
Riccardo Lo Re
