L’esposizione, dal titolo Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo, sarà aperta al pubblico fino al 21 settembre
C’è un’occasione da cogliere al balzo se si ha il desiderio di scoprire lo straordinario talento di Adrian Paci. Un’opportunità che rappresenta allo stesso tempo un lungo viaggio. Una parola che è allo stesso tempo un tema centrale per il Museo delle Culture. La mostra del Mudec si intitola “Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo”. Un’installazione, curata da Sara Rizzo e Katya Inozemtseva e firmata dell’artista Premio Cultura del Mediterraneo 2025, che offre molteplici spunti di riflessione sul nostro tempo.
La mostra
Adrian Paci si serve della grande vetrata dell’Agorà per trasformarla in un telo formato da chiaroscuri azzurro verdastri che evocano i colori del mare. Grazie al lavoro dell’artista lo spazio iconico progettato da Chipperfield diventa di fatto un grande specchio d’acqua dove poter riflettere parte del suo pensiero. Un’onda capace di raccontare l’oggi lasciando spazio alle forme e ai contrasti delle immagini presenti nel museo. La texture di questi azzurri riguarda i retini tipografici delle immagini stampate sui giornali. Foto legate a notizie tragiche di naufragi che raccontano ogni vita spezzata nel tentativo di attraversare i mari.
Per arrivare a questo risultato sono state consultate diverse testate giornalistiche, italiane e internazionali, cartacee e digitali – come ad esempio Il Sole 24 Ore, il Corriere della Sera, Il Manifesto, The New York Times, Ī Kathīmerinī, Die Zeit – in modo da trovare gli scatti giusti e che rispondano in pieno alle esigenze dell’artista.
«Il MUDEC in collaborazione con 24Ore Cultura e Deloitte realizza una terza opera di scala monumentale riferita in questo caso al tema del viaggio migratorio e in particolare alle tragedie degli attraversamenti del Mediterraneo». Così Marina Pugliese, Direttrice del Museo delle Culture, introduce il nuovo progetto espositivo di arte contemporanea. «Con Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo, Adrian Paci trasforma l’Agorà in una gigantesca superficie istoriata con frammenti di immagini di naufragi. Il pubblico si immerge e si perde in uno spazio azzurro in cui fluttuare e riflettere. Un’opera delicata e tragica al tempo stesso grazie a cui il Museo delle Culture ripensa un tema centrale per i musei etnografici».
L’opera così costruita è formata da porzioni di mare presenti in queste fotografie di cronaca. Scatti che vengono ingranditi fino a eliminare ogni connotazione informativa e applicate sulle vetrate dell’Agorà che diventa un grande acquario fatto di tragedie inimmaginabili. L’intervento artistico di Adrian Paci vuole di fatto rimarcare i limiti e l’impotenza dei media rispetto al peso tragico di queste esperienze.
Il temi centrali delle sue opere sono il viaggio, l’attraversamento, l’attesa, l’aspettativa di futuro. Non solo. Nel suo lavoro emergono altri elementi che vanno oltre l’osservazione delle dinamiche sociali del presente. Nell’istallazione si nota l’attenzione per la densità simbolica dei gesti e un interesse per le possibilità interpretative delle immagini, lasciando così libero spazio ai pensieri del fruitore.
«Il mio non è un lavoro sul tema dell’immigrazione. Non credo all’arte su qualcosa”, sottolinea Paci. “Penso che l’arte nasca da un incontro, un attraversamento che regala esperienze, fantasie, immagini, storie, suoni, forme (anche illusorie). Portare queste esperienze nel territorio della forma tattile dell’opera – continua l’artista – e far diventare il lavoro stesso fonte di una nuova esperienza sia estetica che di pensiero e riflessione è stata una delle preoccupazioni principali nel mio lavoro come artista».
Riccardo Lo Re