La scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda si è espressa sulla prima prova d’esame d’italiano in un editoriale su La Stampa
Di questa prima prova dell’esame di maturità rimarrà senza dubbio l’originalità delle prove scelte. I ragazzi hanno potuto davvero sperimentare e allo stesso tempo mettere in pratica quanto appreso nell’arco dell’ultimo anno scolastico. La storia di Paolo Borsellino, l’avvento dei social, la storia raccontata da Tomasi da Lampedusa ne Il Gattopardo e la crisi economica dopo il crollo di Wall Street negli anni ‘20 del Novecento. Eppure, tra le tracce scelte dagli studenti è stata quella del rispetto ripeso da un articolo del giornalista Riccardo Maccioni de L’Avvenire. “Rispetto’ è la parola dell’anno Treccani. E serve per respirare”. E il 40,3% degli studenti ha scelto di respirare per d’avvero decidendo di prendere quella strada e argomentare prendendo spunto dalle esperienze, dai fatti di cronaca e dai casi di attualità.
Elena Loewenthal, scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda, ritiene che sia una «bella parola. E difficile da definire, raccontare, usare». Nell’editoriale pubblicato su La Stampa ha preso spunto dalla definizione del grande dizionario d’italiano Battaglia per mostrare quante sfumature si celano dietro a questa semplice parola. L’apparenza, del resto, inganna. «Il rispetto non è amore e non è riverenza cieca, non è nemmeno tolleranza ma qualcosa di molto diverso. Copre il senso di una, anzi tante azioni diverse, ma è anche uno stato mentale che dovremmo praticare tutti», scrive Loewenthal. Per l’autrice significa essere consapevoli di avere davanti a sé «un’esistenza che non sei tu e che è degna di stare al mondo tanto quanto te». Dobbiamo quindi essere in grado di rispettare il prossimo, ovvero tutti gli esseri viventi presenti sulla Terra, e allo stesso tempo essere capaci di tutelare l’equilibrio di colori presenti su questo mondo variopinto e straordinario. «Il rispetto è, in fondo, il primo elementare comandamento dell’esistenza, quando si viene al mondo in un universo in cui non si è da soli. Una parola trascarata, di questi tempi».
Riccardo Lo Re