La scrittrice ha pubblicato un editoriale dove ha espresso il suo parere sul fatto avvenuto sull’autostrada A8
Sta facendo ancora discutere l’aggressione avvenuta ai danni di un padre e un figlio di 6 anni francesi ma di religione ebraica. Il fatto è avvenuta domenica 27 luglio in un’area di sosta sull’autostrada Milano Laghi. Gli investigatori sono al lavoro per cercare di individuare il gruppo formato da una decina di persone che appaiono nei filmati. Tre sono già stati identificati, ma il legale che difende alcune delle persone accusate sostiene che è stato il francese ad aggredirli.
Al di là della ricostruzione dei fatti, ciò che resta invariata è la sostanza, ovvero il fenomeno crescente dell’antisemitismo che si sta registrando in Italia. Elena Loewenthal ritiene questo grave episodio frutto di «un contesto ancora più grave di atti di intolleranza quasi all’ordine del giorno». Tutto ciò non stupisce affatto, prosegue la scrittrice visto il clima di odio che emerge dai social e non solo. «Non stupisce anche perché fa parte di una “normalità” secolare. Verrebbe da dire che noi ebrei ci siamo abituati a essere oggetto del pregiudizio, ma in realtà non è così. Ci sono, piuttosto, stanchezza e incredulità».
L’autrice, nonché giudice del Premio Costa Smeralda, si sofferma su un particolare che sta alla base di questi episodi di intolleranza: «che del pregiudizio si debba occupare chi lo subisce». Un concetto di per sé assurdo dato che il pregiudizio tocca soprattutto il pensiero dell’altro. «Eppure succede quasi sempre così: si chiede più o meno implicitamente agli ebrei ragione del pregiudizio contro di loro».
La risposta va trovata nella continua polarizzazione del pensiero che non conosce più le sfumature o le mezze misure – come già accade sui social o nei contesti della politica e della cultura – ma che deve per forza trovare un posto dove schierarsi. «La verità è che questo presente è il terreno ideale per il pregiudizio che significa “giudizio a priori”, un giudizio, cioè, che viene prima. Ma il contrario del pregiudizio – conclude – non è la certezza e nemmeno la giustizia, ma il salutare, provvidenziale, necessario eppure latitante esercizio del dubbio». Che nei social, giornali e nell’opinione pubblica, appare poco.
Riccardo Lo Re
