L’editoriale della giudice del Premio Costa Smeralda dopo i fatti che hanno toccato la comunità valenciana verso la fine di ottobre
«Negare, negare, negare». Comincia così l’editoriale di Elena Loewenthal dopo la tragica alluvione che ha colpito la zona di Valencia. Mentre salgono a 217 le vittime, crescono le polemiche tra la popolazione locale che punta il dito contro chi avrebbe dovuto vigilare e proteggerla dai rischi meteorologici di questi giorni. Tra le voci in completo dissenso c’è anche la giudice del Premio Costa Smeralda che su La Stampa ha pubblicato un commento contro «una politica incapace di gestire l’emergenza».
«Negare il disastro, negare l’emergenza, negare l’appello dei volontari, negare la portata dei danni. Negare, prima di tutto, l’evidenza che quanto è successo potes- se essere certamente ridimensionato». Si riferisce soprattutto a quel video – pubblicato e poi rimosso – in cui il governatore di Valencia ha cercato di minimizzare gli effetti del maltempo. In quei passaggi «ribadisce che non servono misure di emergenza perché “le cose stanno andando avanti fortunatamente senza danni materiali e senza allerta idrologica”, nonostante i ripetuti allarmai della Protezione civile, sono davvero un fallimento scandaloso». Ciò che ha colpito Elena Loewenthal è stato sopratutto «il rimpallo di colpe e la malcelata indifferenza verso il disastro, gli scambi di battute fra il governo locale e quello centrale spagnolo, i botta e risposta mentre ancora si cercano le migliaia di dispersi». Un «brutto spettacolo, uno scenario pubblico desolante sullo sfondo di quel deserto d’acqua che ancora copre uomini e cose».
L’autrice dopo gli eventi di Valencia nota una cosa particolarmente inquietante che riguarda tutti i cittadini europei. «Una grande assente» che riguarda sia il pubblico che il privato. Per Loewenthal è mancato «il principio di responsabilità». Un concetto che dovrebbe generare una maggiore «consapevolezza che ogni nostra parola o azione porta inevitabilmente con sé una «reazione», un effetto sul mondo e sul prossimo».
Tutto questo non c’è stato. «L’avere ignorato quello che è il primo dovere civile e morale di un politico, dovrebbe restare come un macigno se non sulla sua, probabilmente inossidabile, certo sulla coscienza civile di un’umanità devastata da quanto è successo e in fondo anche di tutti noi».
Riccardo Lo Re