L’editoriale della scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda alla notizia della scomparsa della giornalista Laura Santi
«La vita è degna di essere vissuta, se uno lo vuole, anche fino a 100 anni e nelle condizioni più feroci, ma dobbiamo essere noi che viviamo questa sofferenza estrema a decidere e nessun altro». Le parole sono Laura Santi, giornalista di 50 anni di Perugia che ha scelto lunedì 21 luglio di porre fine alla sua vita con l’auto-somministrazione di un farmaco letale essendo affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla.
Con questa decisione il tema dell’eutanasia è tornato al centro del dibattito pubblico. Giù in passato sono state raccolte delle firme per consentire la presentazione in Parlamento di una proposta di legge di iniziativa popolare. Ma la morte di Laura Santi pone una questione sostanziale: quante persone si dichiarano a favore del fine vita? Se lo è chiesto anche Elena Loewenthal nel corso del suo editoriale pubblicato su La Stampa. Secondo quanto riportato dallo studio di Alessandra Ghisleri, tre italiani su quattro appoggiano una legge chiara sull’eutanasia. Nonostante sia un argomento delicato, più del 75% è d’accordo su una norma che vada proprio in quella direzione, ovvero una maggiore libertà di scelta. «Un consenso così netto campo largo è al tempo stesso scontato e sorprendente. Scontato perché capita purtroppo molto (troppo) spesso che la società civile sia più avanti, in altre parole più progredita».
Quello dell’eutanasia, continua la scrittrice, «è un tema certamente di alto profilo etico e religioso ma è prima ancora il confronto con la concretezza della vita e l’accettazione della sua finitezza». Non solo. Riguarda anche i diritti civili. Se è vero che la politica e le istituzioni pongono un freno a questo eccessiva libertà di scelta, è altrettanto vero che la società va avanti a società molto più sostenuta della politica. «Sarebbe bello, per una buona volta, che la politica stesse al passo con la realtà, che smentisse la consuetudine di stare indietro e si desse una mossa. Che la smettesse di stare a guardare e affidare di volta in volta la decisione a una sentenza di tribunale, alla responsabilità e al buon senso, alla disponibilità al rischio o al pilatesco lavarsi le mani degli individui in gioco, volta per volta».
Riccardo Lo Re
