La scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda è intervenuta con un editoriale su La Stampa sulla vicenda che è tornata agli onori delle cronache
Si è creato un grosso dibattito intorno al delitto di Garlasco. Il giallo che ha più sconvolto l’opinione pubblicata è tornato al centro della cronaca nazionale dopo le ultime rivelazioni emerse dalle indagini della Procura di Pavia. Ma se su questo punto è sempre meglio essere attendisti, c’è un aspetto che in questo momento nessuno, se non alcune rare eccezioni, si è occupato di un altro tema lasciato purtroppo ai margini: il dolore delle famiglie. Ci pensa in questo caso Elena Loewenthal, scrittrice e giudice del Premio Costa Smeralda che, in un editoriale, si è concentrata proprio sui genitori della famiglia Poggi e Stasi. O meglio, ha speso parole di conforto e comprensione nei confronti di due madri che si sono riempite «l’anima di strazio giorno dopo giorno per questi diciotto eterni anni».
Dopo tutto questo tempo la giostra del dolore ricomincia a girare per le due donne. «Ho sempre saputo che mio figlio è innocente, dice una. È insopportabile il pensiero che quella ferita si squarci di nuovo adesso, dice l’altra». Due voci completamente lontane ma accomunate da un dolore immenso che non sembra affievolirsi mai.
Un altro aspetto trattato dall’editoriale è quello del ruolo dello spettatore estremamente affascinato dallo sviluppo della indagini. Un pubblico che si riappassiona e che resta a guardare «con incolpevole leggerezza» la riapertura del caso. «Che siano risolti o meno, siamo sempre pronti a giudicare, sentenziare, condannare, assolvere. Ad approfondire leggendo pagine di giornale e libri, ascoltando con muta attenzione i podcast e i dibattiti» sul delitto. Per Loewenthal il vero problema è non pensare alle madri. «Come si fa a non pensare a loro, travolte da una bufera che le trasporta chissà quanto lontano da noi con il loro dolore e al tempo stesso dentro questa vicenda come nessun altro?». L’autrice, nel palare di «trincea esistenziale» che divide le due donne, «inammissibile» le tempistiche della giustizia. Una giustizia che deve trovare un colpevole ma che è indifferente nei confronti «una vittima, un presunto colpevole, una folla di parenti e amici».
Riccardo Lo Re
