L’autore, protagonista nell’edizione 2025 del Premio Costa Smeralda, ha raccontato come nascono le sue opere al Tedx di Milano
«Ci sono sussurri da gridare e grida che andrebbero al massimo sussurrate». Così si è presentata l’edizione 2017 del TEDxMilano, un evento che, nel pieno spirito delle conferenze TED, utilizza la stessa formula messa in campo dalla nota organizzazione americana per diffondere idee di valore. Sussurri e Grida era il titolo di quell’edizione a cui ha partecipato Tommaso Spazzini Villa, finalista del Premio Costa Smeralda 2025. In veste di speaker, come tutti gli altri si è posizionato in mezzo al cerchio rosso sgargiante per spiegare da un suo punto di vista ciò che l’arte gli sussurra. «La cosa che mi emoziona più di tutte è cercare di vedere ciò che non si vede. Non so dirvi bene, esattamente, cosa mi emozioni così tanto; ma so di essere d’accordo con quello scrittore che una volta disse: »«L’uomo non è ciò che pensa, ma ciò che nasconde».
Villa cita una frase di Bruno Munari, che verso la fine della sua carriera ha detto: «Per tutta la vita ho cercato di far vedere quello che gli altri non vedono. Per esempio, un arcobaleno di profilo». Ed è quello che ha cercato di fare attraverso la sua produzione artistica. L’autore, infatti, racconta al pubblico dei presenti come viene realizzata un’opera. Nel farlo, invita tutti a chiudere gli occhi e a immaginarsi una pianta nella sua essenza, dalla chioma fino alla profondità del «Questo è il viaggio che ho fatto la prima volta che ho cercato di disegnare la radice di un albero. Un viaggio meraviglioso nel silenzio della terra, dove le radici sono tutte interconnesse tra loro e si riverberano gli echi del mondo di sopra che è così lontano dalle viscere della terra, così silenziose, così materne, così calde e così primordiali».
Le radici sono di per sé invisibili all’occhio umano. E non sono le uniche. Basti pensare alle pagine di un libro messe insieme e stese in un telo bianco. Tommaso Spazzini Villa ha voluto in questo caso andare oltre alla sostanza e al valore di un’opera letteraria – come può essere La Divina Commedia – ma la sua “presenza fisica”. «Di fronte a me, nel mio studio, mi è sembrato di avere Dante, perché per me Dante non è più una persona ma è la sua opera. Mi sembrava quasi di sentire le grida dei dannati all’inferno, Ulisse, Penelope, Teseo, il Conte Ugolino, e i cherubini nel paradiso». E, unendo tutto questo, sono venuti fuori dei veri capolavori dove il pensiero dell’uomo – schematico, monotono – si lega al dinamismo della natura che non conosce limiti o confini.
Riccardo Lo Re
