Il commento di Elena Loewenthal dopo le parole espresse dalla commissione d’inchiesta dell’Onu sulla guerra a Gaza
L’autrice e giudice del Premio Costa Smeralda Elena Loewenthal è intervenuta in un lungo editoriale dopo le parole espresse dalla commissione d’inchiesta Onu sulla guerra a Gaza e in Israele. In un nuovo rapporto, la Commissione internazionale indipendente delle Nazioni Unite d’inchiesta sul territorio palestinese occupato ha dichiarato che Israele è responsabile di genocidio a Gaza.
La Commissione sostiene che le autorità israeliane e le forze di sicurezza israeliane hanno commesso quattro dei cinque atti genocidari definiti dalla Convenzione del 1948: uccidere membri del gruppo; causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo; infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, totale o parziale; e imporre misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo. «Il rapporto della commissione è una brutta notizia. Per tutti. Per la gente di Gaza che subisce questa guerra da ormai due anni. Per gli israeliani che, sul fronte opposto, subiscono anche loro benché in un modo diverso. Ma sono entrambi, su un fronte come sull’altro, vittime di questa guerra, di chi l’ha iniziata e voluta, di chi la tiene in piedi per interessi che nulla hanno a che vedere con quelli dei milioni di persone che, a Gaza così come a Tel Aviv, in Cisgiordania e a Gerusalemme, hanno diritto a una vita decente, degna di dirsi tale».
Per la scrittrice la parole genocidio non andrà a influire sulle sorti dei palestinesi «che patiscono e muoiono dentro una guerra spietata». Non cambierà anche per l’Occidente «che, sin dall’inizio della guerra, sventola una bandiera palestinese senza alcuna contezza di quali siano i termini storici, politici e umani di questo conflitto e che magari si sentirà “confortata” da questo rapporto dell’Onu».
Questo termine farà male e avrà degli effetti su quella parte d’Israele che vuole la pace. Quella fascia di popolazione «che crede nella convivenza come unica strada possibile perché altra non c’è. Che non vuole questa guerra o non la vuole più. Che nutre ancora un minimo di speranza nella possibilità di vedere ritornare gli ostaggi – e non tutti morti. Che dal 7 ottobre di quasi due anni fa soffre più di quanto abbia mai sofferto lungo la sua storia nazionale».
Riccardo Lo Re
